Sei manager per la prima volta? Non fare mai il lavoro al posto dei membri del tuo team
Non molto tempo fa, ho lavorato con una cliente che era alla sua prima esperienza in un ruolo manageriale. A Terry, persona molto stimata nel marketing di un’azienda farmaceutica, era appena stato chiesto di condurre un team nel suo dipartimento. In questo nuovo ruolo, era la guida di un gruppo di brillanti ma inesperti professionisti del marketing (la maggior parte dei quali erano stati suoi colleghi) nella preparazione di programmi e promozioni per una piccola gamma di farmaci venduti a livello mondiale. Ciò significava mettere insieme dati di mercato, trend finanziari e informazioni sulla concorrenza, per poi lavorare con medici e personale del settore pubblico, agenzie pubblicitarie, responsabili di produzione e persone nei vari paesi per definire i piani finali.
Terry era stata molto brava a coordinare tutti questi sforzi, ma molti membri del suo team avevano avuto difficoltà nel ricercare le informazioni giuste al momento giusto, nel mettere in evidenza i dati davvero strategici e nel coinvolgere persone appartenenti ad altri gruppi. Non stavano quindi creando un prodotto di alta qualità lavorando insieme. Non volendo deludere il suo capo e volendo rispettare comunque le scadenze di marketing, Terry prese in mano la situazione e iniziò a fare da sola gran parte del lavoro, sostituendosi ai membri del team ogni volta che incontravano problemi, risolvendo le interferenze con le altre funzioni, correggendo e riscrivendo i programmi.
Allo stesso tempo, naturalmente, Terry doveva anche affrontare le sue nuove responsabilità, il che significava preparare report, gestire i programmi di marketing esistenti, elaborare i budget del team partecipando alle riunioni (ormai necessarie) del personale, alle riunioni di reparto, facendo chiamate in videoconferenza con altri Paesi e così via. Iniziò quasi da subito a lavorare abitualmente 15 ore al giorno e a continuare a farlo anche nel fine settimana, non riuscendo però a produrre il lavoro di qualità che si aspettava. Sapeva che la situazione andava affrontata diversamente, ma non riusciva a trovare il tempo per pensare ad una soluzione.
Purtroppo, questo scenario è molto comune per coloro che fanno i manager per la prima volta e le probabilità di fallimento si aggirano intorno a una percentuale del 50% nel primo anno. Le cause potrebbero essere attribuite in certi casi alla selezione scadente o all’inadeguata formazione e guida fornite, ma a volte il motivo dell’insuccesso è in mano ai manager stessi. Uno dei problemi più comuni per i nuovi manager è non riuscire a definire correttamente i confini del loro lavoro. Mi riferisco in questo caso a quei limiti che, come i guardrail stradali, determinano ciò che il nuovo manager dovrebbe o non dovrebbe fare, quanto tempo dovrebbe dedicare al lavoro e come verrà misurato il successo. Queste linee di demarcazione tendono a sparire nel momento in cui i nuovi leader vogliono arrampicarsi per giustificare la loro promozione, spesso facendo più del dovuto per produrre grandi risultati. Non ci sarebbe niente di sbagliato in questo di per sé. Ma i problemi sorgono quando non vi è un dialogo continuativo con i membri del team, con i colleghi e con i superiori riguardo la definizione di "successo" e "risultati" – e di chi è responsabile per che cosa. Senza confini chiari, i manager alle prime armi potrebbero rapidamente venire sopraffatti da un carico di lavoro ingestibile.
Nel caso di Terry, si sentiva personalmente responsabile di tutto ciò che il suo team faceva e voleva che il prodotto fosse perfetto, il che significava che spesso doveva mettersi a fare le cose lei stessa. Questa cattiva abitudine veniva recepita dagli altri come un segnale che li faceva sentire meno responsabili. Come risultato, i membri della sua squadra non stavano imparando come produrre lavori di alta qualità da soli, gli altri reparti non collaboravano in modo efficiente (inviavano sporadicamente informazioni nella forma che ritenevano più opportuna) e il suo capo non intervenne mai per aiutarla a migliorare il processo. Tutto era sulle spalle di Terry.
Alla fine, con l'aiuto di un coach, Terry capì che avrebbe dovuto stabilire dei limiti, chiarendo il suo ruolo a tutte le parti interessate.
Per cominciare, si assicurò che i membri della sua squadra sapessero che loro erano responsabili della produzione di progetti di alta qualità, ma che lei avrebbe dato loro gli strumenti, la formazione, e la guida necessari affinché vi riuscissero. In altre parole, il suo lavoro non era quello di sostituirsi a loro o di intervenire quando qualcuno aveva difficoltà per una determinata cosa; il suo compito era aiutarli ad avere successo per conto proprio. Per fare questo, Terry utilizzò la sua esperienza nel marketing. Creò nuovi modelli di per i piani di azione per mostrare al suo team come dovevano essere e quali elementi non potevano mancare al loro interno. Organizzò riunioni per analizzare i diversi aspetti del processo di pianificazione, come l'analisi dei dati di mercato e la gestione delle non conformità, favorendo le discussioni tra i membri del team e gli esperti aziendali. Terry programmò anche frequenti colloqui individuali per fare il punto della situazione con ciascuno dei suoi dipendenti, in modo che potessero avere un feedback in tempo reale su come migliorare.
Per la maggior parte dei nuovi manager, passare alla formazione e al ruolo di coach non è facile. Fare tutto da soli è la cosa che sembra più facile e veloce, ma abbiamo visto quali danni possa creare questo comportamento. Nuovi manager come Terry possono restare bloccati facendo il lavoro dei loro subordinati e non permettendo al proprio team di sviluppare le competenze necessarie per avere successo.
Terry imparò anche a delimitare i confini con i nuovi colleghi - gli altri leader di reparto. Incontrò questi manager per sviluppare una serie di livelli di servizio riguardanti le loro funzioni e il modo in cui avrebbero potuto lavorare insieme. In questo modo, tutte le informazioni di cui la sua squadra avesse avuto bisogno dal settore finanza, vendite, o da ogni altro dipartimento, sarebbero arrivate in tempo e nel formato condiviso. Alla fine, questo permise al suo team di gestire al meglio il flusso di lavoro e diventò più facile per lei dare una mano quando si verificavano problemi di comunicazione.
Infine, Terry si sedette a tavolino con il suo capo per definire il suo ruolo in modo più chiaro e per determinare ciò che significava per lei il successo. Un errore comune che fanno le persone che si ritrovano a fare i manager per la prima volta è pensare che ogni obiettivo sia importante e che debba essere completato il più presto possibile. Non avendo chiare le sue priorità nel nuovo ruolo, Terry era caduta in questa trappola: aveva cercato di fare tutto. Quando finalmente si trovò con il suo capo per determinare quali fossero le nuove priorità e quali le secondarie, riuscì a capire chiaramente quello che ci si aspettava da lei come manager.
Stabilire i limiti con questo tipo di discussioni e alzare l’asticella solo quando necessario, sono le azioni fondamentali per imparare a essere un manager. Questo richiede coraggio in un primo momento (soprattutto se si sta cercando di giustificare la promozione al proprio superiore), ma se non lo si fa, si rimarrà intrappolati nel fare più di quanto sia realistico, limitando il successo personale e quello della squadra. Stabilire dei confini dà effettivamente modo di moltiplicare l’efficacia del proprio operato attraverso il lavoro degli altri, che è, dopo tutto, il ruolo fondamentale di un manager. Ed è sicuramente molto più divertente che lavorare 15 ore al giorno. Chiedete conferma a Terry.