Le perle di saggezza della leadership che tutti noi dovremmo dimenticare
Un responsabile delle vendite ci ha chiesto la settimana scorsa se avessimo trovato qualcosa nella nostra ricerca che contraddicesse la saggezza di vecchia data sulla leadership. Ebbene si, abbiamo risposto, nel nostro lavoro ci sono stati degli “aha!” che dovrebbero cambiare il modo in cui noi pensiamo alla scienza del guidare gli altri.
Per esempio,
Mito n°1
DOVRESTI TRATTARE TUTTI UGUALMENTE
Il pensiero tradizionale sostiene che dovresti trattare tutti i membri della tua squadra allo stesso modo perché questo assicura una gestione senza ingiustizie. Con tutto il dovuto rispetto: ahahah!
Questo è il pensiero della vecchia scuola, e ciò impedisce ai capi di ottimizzare l’assegnazione delle responsabilità tra i membri del team sulla base delle loro peculiari motivazioni e abilità.
Lo sviluppo della carriera, per esempio, sarà molto differente per un dipendente che vuole scalare la piramide aziendale rispetto a uno che semplicemente desidera svolgere un buon lavoro ed essere a casa alle 5. Entrambi i dipendenti sono importanti per la tua squadra e, credici, entrambi desiderano crescere – la crescita professionale si è sostituita alla retribuzione come primo motivo per cui le persone lasciano un’azienda – ma ognuno ha bisogno di crescere in modi diversi. Questo processo non deve rubare troppo tempo al manager.
Molti capi utilizzano qualcosa che viene chiamata “scultura del lavoro” – avere frequenti, brevi conversazioni con ognuno dei propri dipendenti per esaminare i progressi sugli obiettivi di sviluppo e sulla crescita della propria carriera.
Mito n°2
I SOLDI NON SONO UN MOTIVATORE
Chi l’ha detto? Sì, abbiamo letto la ricerca su quest’argomento – spesso condotta con studenti universitari incentivati o meno a svolgere uno specifico compito. E’ divertente da leggere ma non dovrebbe mai influenzare in modo in cui un vero manager gestisce un team. Hai mai lavorato nelle vendite o conosciuto qualcuno che l’ha fatto? Sono importanti i soldi per le persone che lavorano su provvigione? Faresti bene a crederlo. Sei mai stato sottopagato in un lavoro? Sei stato a lungo in quel posto? Ciò che la nostra ricerca sui soldi dimostra è duplice:
in primo luogo, i soldi attualmente sono un motivatore molto forte per circa il 10% della popolazione umana. Certo, non si tratta di una percentuale enorme, ma per quelle persone il denaro è un grande driver e c’è la possibilità che tu abbia qualcuno nel tuo team che corrisponde a questo profilo. E la buona notizia è: sai esattamente come fare perché queste persone siano focalizzate sui loro obiettivi.
In secondo luogo, i soldi per la maggior parte di noi possono non essere un forte motivatore, ma sono comunque motivo soddisfazione – nel senso che se non facciamo abbastanza per pagare l’affitto, nutrire le nostre famiglie, o sentirci ricompensati per il nostro contributo, allora non resteremo a lungo o resteremo ma saremo insoddisfatti del nostro lavoro. Ma una volta che molti di noi superano lo scoglio dei soldi (e sentono di fare abbastanza per soddisfare i bisogni fondamentali), allora altri fattori diventano molto più importanti nel motivarci giorno dopo giorno.
Mito n° 3
L’AUTONOMIA E’ UN MOTIVATORE FONDAMENTALE
Uno dei risultati più sorprendenti della nostra ricerca è che mentre l’autonomia è uno dei più forti motivatori in assoluto per i Boomers e i lavoratori della Generazione X, si colloca invece vicino al fondo della classifica per i Millennials e la Generazione Z. Come un giovane lavoratore ci ha detto in un’intervista “Perché dovrei volere lavorare autonomamente? E’ terrificante”. La nostra ricerca mostra che la maggior parte dei lavoratori più giovani desidera molto più coaching e mentoring dai propri manager rispetto alle generazioni precedenti, e la maggioranza ritiene abbia più valore lavorare in un team piuttosto che condurre una propria attività. Questo, da solo, dovrebbe cambiare il modo in cui pensiamo di guidare i nostri team.
Mito n° 4
LA MOTIVAZIONE INTRINSECA E’ PIU’ IMPORTANTE DI QUELLA ESTRINSECA
Psicologi come Frederick Herzeberg e Edward Deci hanno spiegato che la motivazione estrinseca può avere di fatto un impatto negativo sulla conoscenza dei lavoratori e le persone produttive sono motivate quasi esclusivamente intrinsecamente.
La nostra ultima ricerca mostra come la motivazione individualesia molto più complicata e comprendere quanto noi tutti siamo diversi è cruciale per capire perché una particolare persona possa essere infelice o meno coinvolta di quanto potrebbe esserlo sul lavoro.
In due decenni di approfondimenti sui temi dell’impegno dei dipendenti e delle prestazioni dei team con i clienti di Fortune 500, abbiamo scoperto che anche i dipendenti che sono intrinsecamente guidati possono essere molto infelici. Per esempio, ci è stato chiesto di lavorare con un gruppo di aziende sanitarie che hanno un alto turnover e un forte disincanto nello staff e nelle aree cliniche. E spesso i medicisono quelli con il più alto tasso di malcontento (certamente un gruppo che, nel suo insieme, è guidato intrinsecamente). Perché molti di loro sono infelici? La loro lamentela numero uno è una pietra miliare: la retribuzione.
Questo significa che la motivazione intrinseca non è l’intera storia, e che la motivazione estrinseca non è totalmente negativa. Ora, con quanto detto sui nostri amici dottori, una delle chiavi mancanti negli studi precedenti è che erroneamente suppongono che il solo motivatore estrinseco che un leader possa usare siano i soldi, ignorando così gli effetti positivi dell'elogio, della promozione, dell'attenzione da parte del leader, dell'ammirazione dei pari e così via. Ci è stato detto personalmente da centinaia di dipendenti in giro per il mondo, con qualche variazione, ciò che una giovane donna molto professionale ci ha detto recentemente: “Due anni fa il mio CEO mi ha inviato una lettera di ringraziamento straordinaria. Quando le cose si fanno difficili tiro fuori quella nota e la rileggo. Riesce ancora a rienergizzarmi”. Abbiamo scoperto che i motivatori intrinseci ed estrinseci non sono diametralmente opposti, non sono buoni e cattivi. Per sentirsi più motivati, la maggior parte dei dipendenti deve avere alcuni di entrambi, in un equilibrio che sia il più motivante possibile per ciascuno di loro.