Come non perdere una vendita Come non perdere una vendita
04.02.2014

Robyn*, una mia cara amica e senior leader presso un’importante azienda farmaceutica, fece il mio nome perché lavorassi con Dan, CEO di una delle consociate della sua società e persona che conosceva molto bene. Fu lei a organizzare un meeting dove saremmo stati tutti e tre presenti. Il contatto non era semplicemente “caldo”; era “bollente”.


Durante il processo di vendita, presi una serie di decisioni, che ritenevo – e di fatto ancora mi sembrano – assolutamente ragionevoli.

Ecco cosa accadde:

  1. Con il permesso di Dan, io e Robyn ci incontrammo diverse volte prima del meeting per parlare di Dan e della sua situazione. Per Dan era il primo incarico come CEO e aveva bisogno di districarsi in situazioni complicate. Per il giorno dell’incontro, io avevo compreso le sfide che stava affrontando ed era chiaro che erano perfettamente in linea con una mia posizione di consulente a supporto.
  2. Il giorno dell’incontro, Robyn e Dan erano in ritardo sui loro appuntamenti. Avevamo pianificato di trascorrere insieme 60 minuti ma ora ne restavano solo 20. “Nessun problema,” dissi loro, “sono stato preparato sulla situazione, quindi possiamo andare direttamente al nocciolo”.
  3. Mi accomodai su una sedia da ufficio vuota che sembrava essere scomodamente bassa e istintivamente la alzai al livello al quale la tengo normalmente.
  4. Dan iniziò la conversazione con un complimento riguardo al mio ultimo libro e mi disse quanto gli piaceva leggere i post del mio blog, cosa che rinforzò la mia decisione di andare dritti al punto.
  5. Spiegai brevemente cosa sapevo della sua situazione e quando lui comprese che lo capivo, io presentai subito il modo in cui avrei approcciato la cosa.
  6. Ad un certo punto, Dan mi pose una domanda e io esitai prima di rispondere. Robyn suggerì che ne parlassimo dopo ma io non volevo essere al di sotto delle aspettative quindi la ringraziai e dissi che sarei stato felice di condividere subito i miei pensieri a riguardo, cosa che feci.


Niente che feci o dissi o pensai o sentii era drasticamente fuori luogo. In effetti, ogni passaggio – ogni scelta messa in atto – era concreta, sensata e appropriata dal mio punto di vista.

Ed è questo esattamente il motivo per cui io “andai a sbattere contro un muro”.

 

Stavo ragionando secondo la mia prospettiva. Ma Dan non lo stava facendo. Lui stava analizzando le cose dal suo punto di vista. E dal suo punto di vista, il fatto che io stessi invece usando il mio punto di vista fu la causa del mancato accordo. Il problema? Io non ero sintonizzato.

Daniel Pink, nel suo splendido libro “Vendere è umano: la sorprendente verità riguardo alla capacità di convincere gli altri”, considera l’essere sintonizzato con il proprio interlocutore uno dei tre elementi fondamentali per convincere gli altri. (Pink parla di questo in una recente “Ideacast” pubblicata sull’Harvard Business Review).

Essenzialmente, l’essere sintonizzato consiste nell’essere in sincronia con chi e cosa è attorno a te.

Quando sei sintonizzato, sei curioso. Fai domande, ascolti le risposte, e crei empatia.

Io avrei potuto essere in sintonia con le sfide che Dan stava affrontando - ma ogni cosa che feci indicava che non ero assolutamente in collegamento con Dan. E addirittura non lo ero con Robyn.


Secondo Pink, la prima regola della sintonia è la necessità di ridurre il tuo potere.

Questo significa che devi lasciar perdere la tua prospettiva, cosa che crea lo spazio perché tu possa condividere il punto di vista degli altri. Pink citava un venditore di grandissimo successo che metteva in relazione questo atteggiamento con l’umiltà. I bravi venditori, lei diceva, devono assumere un approccio del tipo “Io mi accomodo sulla sedia più piccola così tu potrai sederti su quella grande”.


Io feci il contrario. Io alzai la mia sedia, in modo letterale e figurato. Io ho preso il controllo della conversazione, ignorato Robyn quando suggeriva di parlarne in un secondo momento e trascorso il poco tempo che avevo a disposizione cercando di convincere Dan che capivo esattamente tutti i suoi problemi e che ero la persona giusta per aiutarlo.

Mi sono lasciato troppo lusingare dal commento di Dan sul mio libro, sono stato troppo frettoloso a causa del poco tempo a disposizione e ho avuto troppa voglia di impressionare sia Robyn che Dan.

Ho provato talmente tanto a dimostrare di essere competente che sono risultato un incompetente.

Forse non in termini di soluzione proposta, ma sicuramente sul piano della mia capacità di relazione.


Io ho agito con la sensibilità di un estroverso, che solitamente è ritenuta una qualità positiva per conferire efficacia alla propria capacità di vendita. Ma la ricerca di Pink suggerisce invece che essere estroversi può essere una debolezza.

Perché? Perché troppo spesso finiamo col parlare quando invece dovremmo stare all’ascolto.

Considerando che, di fatto, io ascoltavo, io stavo ascoltando per raccogliere abbastanza informazioni che provassero a Dan che avrei potuto risolvere il suo problema. In altre parole, io stavo ascoltando semplicemente per potenziare il mio discorso.


Ma perché non ha funzionato? Dan non stava cercando proprio delle informazioni su di me e su cosa avrei potuto fare per lui? Forse. Ma lui, proprio come mi aveva detto, sapeva abbastanza di me avendo letto i miei articoli, proprio come io sapevo molto di lui grazie alle precedenti conversazioni con Robyn.

No, in effetti Dan non voleva sentirmi parlare.  Lui voleva sentirmi ascoltare.

Quello che Dan stava cercando di capire – quello che la maggior parte delle persone cerca di capire – è come sarebbe stato lavorare insieme. E quello che gli ho mostrato nella nostra breve conversazione è che sarei stato come quegli esperti che arrivano e ti dicono tutto quello che dovresti fare.


Se fossi stato Dan, anche io non mi sarei scelto.

Che cosa farei diversamente la prossima volta? Mi accomoderei sulla sedia che mi viene offerta e ascolterei Dan che racconta la sua storia.

Poi porrei una serie di domande per essere certo di poter vedere la situazione con i suoi occhi, analizzare le cose dal suo punto di vista e sentire le sue emozioni. Mi sintonizzerei con lui.

Questo richiederebbe tralasciare la mia agenda, smettere di cercare di farmi assumere, smettere di tentare di riassumere velocemente ciò di cui Dan ha bisogno, e smettere di mettermi in mostra.

Il mio obiettivo, l’unica finalità della mia presenza, sarebbe stabilire una connessione.
Se ne fossi stato capace, non avrei dovuto preoccuparmi di dimostrargli ciò di cui ero capace. Ci sarebbe stato un sacco di tempo per farlo più tardi – una volta che la collaborazione fosse iniziata. 

*I nomi e alcuni dettagli sono stati modificati.



Autore: Peter Bregman - Scrittore e consulente
Fonte: Harvard Business Review - http://blogs.hbr.org